L’ultimo “Kaffeeeèè” di questo primo ciclo di interviste ai professionisti del web lo prendiamo con Simone Bennati, blogger e Social Media Manager da Roma.
Ho scelto di intervistare Simone, banalmente, perchè è bravo, ma non te lo fa pesare.
Da qualche tempo ha aperto l’interessante gruppo Facebook ” “Ciccio, senti ‘na cosa…” – Domande & Risposte da e per Bennaker.com“, in cui professionisti del web, mamme blogger e web star si confrontano, in un clima molto amichevole, sulle tematiche del web marketing.
Ecco l’intervista:
Quando hai iniziato a fare questo lavoro e perchè?
Ho iniziato ad occuparmi di Social Media Marketing circa un anno e mezzo fa, ma in realtà quello per i Social Network è un interesse che mi porto dietro sin da quando fecero la loro comparsa sul Web.
All’inizio del 2016, nell’agenzia di comunicazione presso la quale lavoravo, nacque l’esigenza di gestire i canali social aziendali e fui incaricato io di farlo, in quanto già utilizzavo le principali piattaforme esistenti (Facebook, Twitter, LinkedIn, etc.) per promuovere il mio blog (Bennaker.com) ed alcuni altri miei progetti personali.
Da allora, il Social è diventato il fulcro della mia attività.
Hai una certa “libertà” nell’esprimerti sui Social e nel comunicare, la quale ti rende molto friendly (mi piace molto), mentre molti preferiscono un approccio molto formale.
Secondo te la comunicazione andrebbe, in linea di massima, svecchiata, o dipende dalle attitudini personali e del brand?Ceres, Unieuro e Taffo vanno a ruota libera, mentre altri sono moooooooolto contenuti. Che ne pensi?
Il cosiddetto “tone of voice” cambia di brand in brand, nonché di risorsa in risorsa. Nel mio caso, ad esempio, condivido gli articoli che scrivo per Bennaker.com sia attraverso la Pagina Facebook ad esso collegata, sia tramite il mio profilo Facebook personale. In fase di condivisione, a seconda di quale delle due risorse sto utilizzando, adotto un tone of voice differente: con la Pagina cerco di essere sintetico, chiaro e piuttosto compito; con il mio profilo personale, invece, vado a ruota libera, in quanto a visualizzare i post sono soprattutto amici e professionisti del Digital.
Col tempo mi sono accorto che il differenziare il tono di voce non solo è efficace, ma genera anche un simpatico “effetto di contrasto” in chi segue sia me, sia la Pagina di Bennaker.com, ovvero chi vede apparire nel proprio news feed entrambe le condivisioni. Quel che ho fatto, dunque, è stato in primis analizzare il mio target di riferimento (fan o amici/colleghi) e poi sviluppare il registro comunicativo più adatto ad esso. Lo stesso processo di analisi del target e definizione del registro credo debba essere fatto prima di porre in essere qualsiasi attività di comunicazione, tanto che si parli del brand personale, quanto di quello aziendale.
Non esiste, quindi, un tone of voice valido per tutti i tipi di pubblico o per tutti i brand. La scelta, però, dovrebbe sempre e comunque ricadere sul registro comunicativo che non solo genera il maggiore engagement, ma fa anche sentire l’utente “più a suo agio” nel rapporto con il marchio o l’azienda in esame.
I Social hanno portato alla luce il tema dell'”analfabetismo funzionale”, non è facile per un SMM districarsi tra commenti fuori luogo, insulti e persone che non capiscono la propria lingua (NDR il titolo della rubrica è chiaramente un omaggio a queste persone che rendono il mio lavoro meno noioso).
Consigli per evitare catastrofi?
La mia regola di base è: rispetta chi ti rispetta, anche quando non è d’accordo con te o non ti comprende; ignora, invece, chi questo rispetto per te non ce l’ha, limitando il quanto più
possibile l’azione di chi agisce solo ed esclusivamente per portare scompiglio (i cosiddetti “troll”).
Posto questo, un’attività che sicuramente bisognerebbe evitare è quella di porsi nei confronti degli utenti in modo provocatorio, tanto in fase di proposizione di un nuovo contenuto, quanto in quella di risposta ai commenti ricevuti.
Vedo Pagine Facebook di brand piuttosto seguiti che, ad esempio, quando pubblicano un nuovo post su Facebook, adottano toni a dir poco sarcastici, magari con il preciso intento di colpire specifiche categorie di persone, come ad esempio i cosiddetti “complottisti”.
Se poni la tua comunicazione in questi termini, poi non ti lamentare se l’utenza, a torto o a ragione, ti risponde per le rime…
Ti tocca una domanda che faccio a tutti: che consigli daresti ad un imprenditore del settore Hospitality che volesse migliorare il suo approccio al Marketing?
Indipendentemente da quale sia il settore al quale si appartiene, credo sia doveroso sottolineare un aspetto: non esiste attività di marketing che possa valorizzare efficacemente un prodotto o servizio che, di per sé, è qualitativamente carente o deficita sotto diversi punti di vista.
Tempo fa lessi una frase: “La pizza, quando è buona veramente, si pubblicizza da sé”. Per quanto semplice, questo concetto dovrebbe essere oggi più che mai alla base di ogni attività imprenditoriale.
Grazie al Web, infatti, il potere comunicativo che hanno i clienti è aumentato a dismisura e far uscire dal proprio ristorante o dal proprio albergo un cliente soddisfatto può fare un’enorme differenza.
Prima di mettersi a fare marketing vero e proprio, quindi, la cosa migliore che si può fare per rendersi visibili è offrire qualità a chi sceglie di usufruire dei propri prodotti o servizi.
Influencer marketing: qual è la differenza, se c’è, tra un professionista della comunicazione e un professionista dello scrocco? Qual è la sintesi tra la salvaguardia della reputazione personale e del portafoglio?
Quella dell’influencer è una figura della quale, specie negli ultimi 2 anni, si fa un gran parlare. Se partiamo dal presupposto che un influencer è un individuo che ha la capacità di influenzare le opinioni, i comportamenti e gli atteggiamenti di un determinato gruppo di consumatori, vien da sé che questo potere, come diceva lo zio di Spiderman, si porti appresso anche una notevole quantità di responsabilità.
Dal mio punto di vista, un vero influencer non dovrebbe mai lasciarsi tentare dai facili guadagni, in quanto la sua prima e vera ricchezza sta nella credibilità che col tempo si è guadagnato e nella fiducia che i suoi follower gli accordano.
Barattare tale fiducia con un lauto e facile compenso significa, in buona sostanza, demolire con un singolo gesto tutto quello che si è costruito in precedenza.
Solo uno sciocco potrebbe fare un errore del genere.
Il Film che più ti ha influenzato come professionista?
Magari sembrerà banale, se non addirittura scontato, ma io amo “The Social Network”, il film di David Fincher incentrato sulla figura di Mark Zuckerberg.
Ogni volta che sento di avere una buona idea, che però non è ancora “un’ottima idea”, infilo il disco nel lettore blu-ray e me lo rivedo, certo del fatto che mi fornirà il passaggio che mi manca. Sai perché su Bennnaker.com non ho mai messo e non metterò mai dei banner pubblicitari?
Perché Bennaker.com “è fico. Se ci mettiamo dei pop-up della Pepsi non sarà più fico” [cit.].
Ringrazio Simone per la piacevole chiacchierata, rimanete sintonizzati per importanti novità.